giovedì 8 novembre 2012

Una domanda del tutto innocente

Non importa in quale parte del mondo vivi: superata la boa dei 30, soprattutto se sei donna, ti sentirai porre con sempre maggiore ed inquietante frequenza quella che molti ritengono una domanda del tutto innocente.
E' praticamente inutile tentare di aggirare l'ostacolo evitando qualunque riferimento alla propria vita privata. Prima o poi, in un modo o nell'altro, il tuo interlocutore, dopo essersi stampato un finto sorriso sulle labbra, riuscira' in quello che e' l'intento contro cui hai lottato per buona parte del tempo che hai trascorso con lui, ossia domandarti: "Ma tu... tu sei sposata?".
Eccola li', la domanda per eccellenza, quella a cui molto spesso vorrei ribattere con un: "E tu? Tu ti sei lavato i denti questa mattina?". Si', perche' nonostante tentino di convincermi della genuinita' e della bonta' di questa domanda, resto convinta che non s'abbiano proprio da chiedere informazioni sullo stato civile. E' inopportuno. Cosi' come se ci si e' lavati i denti.
La cosa buffa e' che - dopo aver messo da parte l'irritazione e risposto in maniera sufficientemente esauriente, ossia si'/no - l'interlocutore inizia a mostrare fastidio. Si', proprio lui, l'ultimo avente diritto ad una simile reazione. E non serve a nulla fargli capire che sei felice. Felice della tua vita e di tutto cio' che ne fa parte. Cosi' com'e', con i suoi alti ed i suoi bassi; con le tue amiche a cui puoi raccontare tutto cio' che ti passa per le mente; con i tuoi colleghi a cui a volte spaccheresti la testa, ma con cui trascorri piu' tempo che con il tuo cane; con il tuo fidanzato a cui molto piu' che a volte romperesti le ossicina, ma con cui hai scelto di percorrere un pezzo di strada che non pensi potresti condividere con nessun altro. 
Hai un fidanzato, hai 30 anni e non sei sposata? No, non va bene. C'e' qualcosa che non torna. Devi avere qualche problema.
Hai 30 anni e non hai neanche un fidanzato? No, non va assolutamente bene. Devi per forza avere qualche problema. Gia', molto probabilmente hai un caratteraccio oppure sei stata sfortunata oppure chi lo sa.
Alt! Fermi tutti! Non scervellatevi piu' del necessario! E non rattristatevi se qualcuna, liberamente e consapevolmente, sceglie di non lasciarsi travolgere dalle aspettative sociali. E di ascoltarsi. Ad esempio. Ma non solo, perche' non esistono 'regole universali'. Ognuna ha una propria storia ed i propri motivi per non avere una fede al dito. Per cui smettetela di chiederci: "Perche'?" e di guardarci con quello sguardo che ci ricorda perche' non abbiamo ancora scelto di dire: "Finche' morte non ci separi".

mercoledì 17 ottobre 2012

Indulgenza

Io odio la tecnologia. Forse perche' la conosco poco. Forse perche' ho perennemente l'impressione che viva di vita propria.
Per 26 minuti ho tentato di uniformare il testo dei quattro post che ho pubblicato fino ad oggi, ma 'lei', la tecnologia per l'appunto, ha avuto la meglio. Chi conosce la mia puntigliosita' si stara' sbellicando dalle risate perche' ha qualcosa di piu' di una vaga idea di cio' che puo' essere uscito dalla mia bocca. 
Forse dovrei essere piu' indulgente con me stessa. E non soltanto in casi come questo. 
Le opzioni sono due: o inizio ad applicare 'all'esterno' la stessa severita' che applico 'all'interno' o inizio ad applicare 'all'interno' la stessa indulgenza che applico 'all'esterno'. So gia'cosa risponderanno i miei amici. Ma i 'nemici'? 


Stupore


La rete si era fagocitata questo post, ma sono riuscita a 'ripescarlo'.
Smettero' mai di stupirmi delle possibilita' offerte da internet? Smettero' mai di sentirmi Alice nel Paese delle Meraviglie? Perche' e' cosi' che mi sono sentita - e ancora mi sento - dopo aver letto il commento di un anonimo che mi ha ricordato come la comunicazione tra esseri umani prescinda dall'avere un volto, una voce, un nome. E dall'essersi mai anche accidentalmente incontrati. Insomma: non ci si conosce eppure si puo' interagire. E' questo il futuro presente?
Il mio rapporto con la rete e' piuttosto conflittuale ed e' per questo che la genesi di Aboriginariamente e' stata lunga e travagliata: mi lasciava perplessa l'idea di affidare ad un luogo virtuale un qualcosa di cosi' personale come i miei pensieri. E poco importa che abbia trascorso gli ultimi sette anni della mia vita scrivendo articoli per una rivista. La condivisione dei propri pensieri e delle proprie emozioni e' qualcosa di ben diverso dalla semplice stesura di un articolo su questo o quell'argomento: e' una finestra su se stessi; un dialogo con degli interlocutori a volte sconosciuti; un sipario su una platea completamente buia. I lettori non hanno un volto (non tutti, fortunatamente!), ma cio' che e' stato messo nero su bianco e che fino ad un attimo prima apparteneva alla sfera privata arriva fino ai loro occhi ed entra nelle loro vite.
Ecco cio' che rende conflittuale il mio rapporto con la rete: l'elettrizzante possibilita' di un incontro con persone sconosciute e la possibilita' stessa. 
Vorrei ringraziare Anonimo (di nome o di cognome?) per avermi 'costretta' a riprendere le fila di un dialogo che spero lungo e pieno di stupori (e tremori).

venerdì 29 giugno 2012

Sabatini Coletti

Santo Forrest, Forrest Gump. Anzi: sua mamma, quelle donnina a cui Zemeckis inizialmente non ha dato un volto e che ha insegnato al figlio che “la vita e' come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita”.
Quanti, sapendo quello che la vita ha intenzione di riservare loro, 'aprirebbero la scatola'? Gia': quanti?
Fino a poco tempo fa l'espressione “la vita e' meravigliosa” mi provocava una tremenda orticaria. Oggi non piu'. Ma non perche' mi sia convertita al positivismo: resto un'inguaribile realista che guarda al mondo per cio' che e'. Se non do' piu' in escandescenze il merito e' del Sabatini Coletti. Si', del dizionario Sabatini Coletti a cui va tutta la mia gratitudine per avermi ricordato che meraviglioso altro non significa se non “che suscita meraviglia, stupita ammirazione”, ma anche “che lascia sbigottiti”, senza specificare la positivita' o la negativita' dell'emozione suscitata.
Qualcuno sorridera' dinnanzi a questa mia 'scoperta', ma il mio stupore e' reale e dettato dalla presa di coscienza della passivita' con cui spesso utilizzo, piuttosto che recepisco, questo o quell'aggettivo. Come se il mio cervello avesse deciso – piuttosto indipendentemente – che alcuni termini hanno un'accezione solamente positiva ed altri solamente negativa.
Quanti, sapendo quello che la vita ha intenzione di riservare loro, 'aprirebbero la scatola'? Se qualcuno si stesse chiedendo cosa farei... beh: i cioccolatini non mi piacciono.   

venerdì 27 aprile 2012

Mercati

Ho sviluppato una malsana passione per i mercati. Soprattutto per quelli vagamente bohemien. Raramente acquisto qualcosa, ma e' piu' forte di me: devo visitarli. Almeno una volta. Due se la prima mi ha delusa.
Ecco spiegato il motivo per cui domenica scorsa sono tornata all'Old Bus Depot Markets, il mercato coperto di Canberra. O meglio: un immenso spazio espositivo pensato e creato quale vetrina per gli artigiani locali e regionali. Che questa volta sono riusciti a conquistarmi. Si', perche' il mix di colori, profumi e suoni questa volta l'ho sentito proprio li', tra la bocca dello stomaco e il cuore.
Sono quasi ossessionata dalla creativita' e domenica ho potuto sfiorarla. Era dappertutto. In ogni linea di ogni oggetto che mi circondava. E poco importa che alcuni fossero terribilmente pacchiani.
Pacchiani, ma unici. Quand'e' stata l'ultima volta che ci siamo immersi in qualcosa di unico?
Forse tutto sta nel sapere andare oltre. E nel guardare al mondo – ai suoi suoni, odori, colori e sapori – da un altro punto di vista. Non quello solito, sicuro, protettivo. Facile, no? Per niente.
Ma domenica scorsa – non so come ne' perche' – ci sono riuscita e sono uscita dall'OBDM con un immenso sorriso ebete stampato sul viso.
Non ho ancora deciso se Canberra mi piace: di certo, pero', mi sta regalando non poche emozioni.
Ps: domani andro' al Love Vintage Clothing Show & Sale: ve l'ho detto che ho sviluppato una malsana passione per i mercati?

venerdì 20 aprile 2012

Et voila'...


Sono trascorsi 79 giorni da quando ho attraversato l'equatore e sono atterrata a Melbourne. 19 ore di volo e nessuna crisi di panico: sono o non sono stata brava?
Chi mi conosce sa quanto non ami particolarmente volare. O meglio: quanta fatica mi costi 'affidare la mia vita' ad un perfetto sconosciuto. Un pilota nella fattispecie. Ma non credo di aver avuto molta scelta. E la paura, quella terribile e paralizzante paura che pensavo si sarebbe impossessata di me... beh, non si e' neanche vista.
Di Melbourne ricordo i clacson, l'aria fresca e il fatto che potevo calpestarne il suolo.
Due ore dopo ero gia' su un altro aereo diretto a Canberra. Un'ora e mezza dopo atterravo nella capitale. Un'ora e trentuno minuti dopo ero pronta a riprendere un qualsiasi mezzo di locomozione per scappare. Forse avevo aspettative troppo elevate, ma chi non le avrebbe avute? Chi avrebbe mai immaginato di atterrare in un aeroporto grande quanto una tasca di un jeans slim? Per non parlare del silenzio. Assordante. O del traffico per arrivare in centro. Inesistente.
Ecco: ho avuto la netta sensazione di essere atterrata al centro del nulla.
Un giudizio impietoso? Forse. Il mio giudizio definitivo? No. Perche' Canberra e' molto di piu' di quel nulla dietro cui sembra volersi nascondere. E' a modo suo vivace e verde e ciclabile e accogliente e... concentrica! Il che puo' creare qualche piccolo problema di orientamento (a me molti, per la verita').
Ma c'e' una cosa di cui Canberra puo' andare fiera: i suoi musei. E cosa puo' chiedere di piu' una patita dell'arte?